Il bollino


Dalle vetrate della lussuosa sala riunioni della holding capogruppo si potevano scorgere le cime delle alpi svizzere ancora coperte di neve nonostante l’estate fosse già alle porte.

“…allora, questo punto lo consideriamo chiuso e possiamo passare al prossimo.” disse il Presidente del CdA. “Questo nuovo progetto ce lo presenteranno Monica Bauer, Corporate Relationship Manager e Mauro Modotti, Chief Data Analyst che si è anche occupato di molti aspetti tecnici preliminari prima ancora di incaricare il nostro R&D. Passo quindi la parola a miss Bauer che inviterei, data l’ora, ad essere piu sintetica possibile. Grazie.”

Le vetrate a cristalli liquidi si scurirono parzialmente per creare un po’ di penombra in sala e sul grande schermo apparve la prima slide della presentazione del progetto “NEW RESPONSIBLE LABELING STANDARD”

Monica non aveva bisogno di essere stimolata dal presidente per essere chiara e concisa perché sapeva bene che qualunque presentazione fatta poco prima di pranzo aveva molte probabilità di passare inascoltata e poi liquidata come una formalità e quindi finire nel dimenticatoio dei verbali del consiglio.

“Buongiorno a tutti, vi ringrazio per l’attenzione e senza altri indugi andrò subito al sodo. Voi sapete che l’etichettatura dei nostri prodotti alimentari si regge sull’equilibrio fra quelle che sono le nostre esigenze del marketing e quelle che sono le disposizioni di legge dei vari paesi in cui operiamo. Quindi da una parte le descrizioni e le immagini di presentazione del prodotto e dall’altra le informazioni sul peso, gli ingredienti elencati a norma di legge, le tabelle nutrizionali, le certificazioni obbligatorie etc. etc. Poi abbiamo, per così dire, una zona grigia dove vengono riportate alcune informazioni che non sono obbligatorie ma che potrebbero esserlo in futuro e che comunque vengono percepite dal consumatore come molto importanti. Sto parlando di tutti quei loghi e bollini come “Vegetarian” o “Glutin free” o “No-Ogm” o “Fair Trade” o “Kosher” e così via. Nella seconda slide abbiamo sintetizzato uno studio che abbiamo commissionato ad un’azienda esterna specializzata in indagini demoscopiche. Si evidenzia quella che potremo definire l’efficienza di ogni singola certificazione di dirottare le scelte dei consumatori in un verso o nell’altro. Da questo grafico vediamo che alcuni bollini sono attrattivi per alcune categorie di consumatori, mentre per altre sono indifferenti, mentre per altre ancora sono respingenti. Per capire meglio vi faccio l’esempio del bollino “Vegan” che attira sicuramente i vegani e i flexitariani ma allontana decisamente consumatori più tradizionali che vedono un prodotto marcato “Vegan” come qualcosa di insipido e non gustoso o una limitazione ideologica alle proprie tendenze alimentari. Vista l’ora saltiamo la terza slide dove ci sono analisi più dettagliate per sesso ed età ed anche la quarta slide dove si vedono le differenze geografiche delle tendenze analizzate. Per chi volesse approfondire l’argomento troverà tutte le informazioni nel report cartaceo che vi abbiamo fatto avere prima dell’inizio del consiglio di amministrazione e per qualunque chiarimento siamo sempre a disposizione. Andiamo quindi al punto”

Premette il tasto sul telecomando e sullo schermo gigante apparve una slide con il marchio del gruppo ed una semplice lista:

1 Vegan

2 Vegetarian

3 Flexitarian

4 Traditional

5 Aggressive

In sala si fece un certo silenzio e Monica aspettò qualche istante prima di riprendere la parola.

“Quello che ci proponiamo con questa operazione è di anticipare la concorrenza mondiale e sopratutto agire su quella che potrebbe essere la tendenza della comunità europea e legiferare in tal senso. Le dimensioni del nostro gruppo ci permetterebbero di agire di forza, creando uno standard proprietario di certificazioni e conseguentemente di etichettatura che si imporrebbero de facto sul mercato. Prendiamo le tendenze esistenti, le integriamo e le facciamo nostre. E le imponiamo al mercato prima che lo facciano altri. A Bruxelles già possiamo fare lobbyng su diversi parlamentari europei a cui siamo vicini per indirizzare e rallentare i loro processi ma per quanto riguarda la concorrenza dobbiamo assolutamente giocare d’anticipo. Con Modotti abbiamo fatto delle proiezioni sugli scenari futuri per quanto riguarda il solo mercato dei burger che noi vendiamo con ben sette brand diversi sul mercato europeo e stimiamo che questa nuova etichettatura dei prodotti possa facilmente polarizzare dei target su scelte ben precise. Oggi sugli scaffali si possono trovare burgher di tutti i tipi, dai vegani agli hamburgher classici fatti di carne macinata dei nostri sette marchi, ma molti consumatori sono confusi e tendono a non confermare le proprie scelte con un secondo acquisto. Questo porta ad incertezze nei processi produttivi ed a campagne di marketing non ottimali. A pagina quattro trovate i dati della simulazione. Avere una marcatura omogenea dei burgher ci potrebbero dare un saving del cinque percento solo nel marketing e del sette percento in ottimizzazione della catena produttiva grazie alle sinergie possibili fra i diversi brand. Ora però soffermiamoci un momento su quello che secondo noi è il modello ottimale di Responsible Labeling, anche perché alcune scelte che paiono controintuitive vanno spiegate. Analizzeremo velocemente ogni bollino a cui abbiamo assegnato un numero. Partiamo dal bollino numero uno, il Bollino “vegan”. Più o meno tutti sappiamo cosa significa, cioè che quell’alimento è di sola origine vegetale e non vi sono ingredienti di origine animale. Contiamo di targettizare con questo labeling almeno il tre percento della popolazione occidentale. Sul mercato asiatico le percentuali sono ancora da definire ma nella sola India la popolazione vegana o vegetariana assomma più del quaranta percento. Poi a livello due abbiamo i vegetariani che ammettono anche uova e latticini. Questi sono in aumento in tutta Europa ma la categoria su cui puntiamo di più sono quelli a livello tre, i flexitariani. Sono una buona fetta della popolazione che a parole si dichiara attenta all’ambiente e come alla salute ma che non vuole rinunciare a nulla se non occasionalmente. I prodotti per loro conterrebbero quindi carne ma non troppa. Chiaramente a valle di tutte queste classificazioni si tratterà anche di creare, altre al labeling specifico, gli enti di certificazione per stilare tutti i disciplinari e questi costi secondo le nostre simulazioni saranno riassorbibili in uno o due anni al massimo. Veniamo quindi al livello quattro, il “Traditional” dove, come immaginate, gli hamburgher saranno di carne macinata, i gelati con la panna e le crocchette di pollo fatte con il pollo dentro. Per quanto oggi questa categoria sia maggioritaria, la tendenza è che questa quota di consumatori verrà fortemente erosa dalle altre. Immagino che il pranzo che vi attende fra poco sia “Traditional” ma vi prego di pazientare ancora.”

Un certo rumore di sedie spostate e qualche sbadiglio sottolinearono la piccola pausa creata ad arte.

Ma a questo punto intervenne l’Amministratore Delegato “Adesso però siamo curiosi di sapere cosa significa l’etichettatura “Aggressive”. Cosa c’è di più carnivoro del mangiare una bistecca vera?”

Monica capiva che nonostante l’ora aveva catturato il suo pubblico e quindi andava avanti con studiata calma.

“Sono abbastanza sicura che forse non ci avete fatto caso ma i livelli illustrati corrispondono grosso modo al punto in cui il consumatore si inserisce nella catena alimentare. In basso i vegani ed al top i carnivori, proprio come in natura. Certo che a livello scientifico le cose sono molto più complesse ma a noi non interessa fare una tesi di laurea, noi lavoriamo per accontentare i nostri stakeholder e sostenere il titolo sui mercati finanziari. Arriviamo quindi al livello cinque, quello del bollino “aggressive”. Dalle nostre indagini risulta che esiste una fetta non trascurabile di consumatori che, forse non tutti i giorni, pretende qualcosa di più dal cibo. I buongustai sono sempre esistiti e scommetto che lo sono anche molti di voi, ma qui ci riferiamo ad una tendenza emergente che corrisponde ad un bisogno insoddisfatto di autoaffermazione attraverso il cibo. Però di questo è meglio che ve ne parli Modotti che ha portato avanti lo studio che trovate riportato anche nel vostro dossier.”

Mauro Modotti si alzò e, preso il telecomando passò alla slide “Aggressive” in cui si vedva un leone che divorava la carcassa di una zebra.

“Buongiorno, ringrazio Monica Bauer per la bella presentazione. Io vi spiegherò quali prodotti saranno suscettibili della classificazione “Aggressive” e perchè questo sarà un mercato decisamente esplosivo. Vedete in questa immagine un leone che mangia una zebra come succede in natura. Un carnivoro che mangia un erbivoro, proprio come facciamo noi quando mangiamo un hamburger di manzo. Difficilmente i carnivori mangiano altri carnivori anche se questo può succedere si tratta sempre di un fatto episodico. Noi umani mangiamo del mondo animale sia pesci che uccelli che mammiferi erbivori. Abbiamo addomesticato appunto gli erbivori come pecore e mucche per allevarli servircene come cibo. Però questo rapporto alimentare che derivava in passato da un fatto di necessità oggi resta come una attitudine fossile ereditata. Non abbiamo più una reale necessità di mangiare animali dato che la moderna tecnologia alimentare ci potrebbe facilmente sganciare da questa abitudine. Resta appunto come necessità emozionale e noi dobbiamo fornire il mercato di prodotti con carne pronti a soddisfare queste necessità. All’interno di questo quadro abbiamo visto come esista una domanda di prodotti “più che carnivori” che il mercato in questo momento non offre. Forse esistono prodotti di nicchia come il caviale ma stiamo parlando di nicchie. Ma non confondiamo il lusso con l’aggressività. Qui parliamo di prodotti di massa da mettere in produzione e portare sugli scaffali di tutti i paesi. Noi stimiamo che dal tre al cinque percento della popolazione potrebbe consumare comunemente questi prodotti senza problemi moralistici. Se guardiamo al mercato dell’auto o degli immobili o dell’abbigliamento vediamo che la categoria di prodotti “Aggressive” hanno il loro spazio. Anche nel parcheggio qua sotto, senza volere giudicare i presenti che si sentissero coinvolti, ho visto molte auto e molti SUV che definirei decisamente aggressivi. Sono oggetti che rispondono ad emozioni ed aspirazioni legittime e universali. E adesso mi chiederete, ma quale puà essere un alimento piu aggressivo di una bistecca di manzo? Cioè, cosa c’è di piu aggressivo che mangiare un erbivoro? Ovviamente mangiare un.. carnivoro!”

I consiglieri a questo punto si sentivano confusi ma anche così attenti, tanto che nessuno riuscì ad elaborare neppure una battuta sarcastica sulla conclusione.

“Ricordate, stiamo parlando di una fetta di mercato dal tre al cinque percento, e so per certo che voi capite bene l’importanza del progetto. Da una parte lanceremo l’etichettatura responsabile dei prodotti e dall’altra il lancio di alimenti “Aggressive”. Due iniziative che si alimenteranno a vicenda.”

Silenzio. Solo la ventola del videoproiettore che ronzava ciclicamente.

“Non è che dobbiamo mettere sul mercato delle bistecche di leone o di tigre, cosa del resto oggettivamente impossibile. Quello che conta per i consumatore è la narrazione del prodotto e, se lo lanciamo bene, la presenza del bollino “aggressive” sul packaging completerà l’immagine. Nel mese scorso abbiamo iniziato le sperimentazioni di formulazione dei prodotti in via, diciamo, informale attraverso una nostra consociata in Cina. Poi abbiamo una piccola squadra di legali sia europei che americani che stanno studiando come ottenere le autorizzazioni per commercializzare la linea. Entro 3-4 mesi potremmo essere in grado di avviare la sperimentazione a livello commerciale e noi pensavamo di scegliere un mercato piccolo come quello della Slovenia o della Croazia per lanciare i primi burgher con il bollino “Aggressive” per poi espanderci in Italia ed in Francia entro la fine dell’anno.”

Quindi Mauro passò alla penultima slide con le proiezioni a cinque anni.

“Prima di entrare nel dettaglio dei dati di il forecast vi devo dire che i burgher che hanno elaborato in Cina sono ottimi, e che non solo li ho assaggiati durante il mio ultimo viaggio, ma anche che ne ho fatto una piccola scorta e che in famiglia li consumiamo regolarmente. A me piacciono molto e lo dico senza riserve. Come dicevo, visto che le carni di leone o di orso sono inaccessibili per ovvi motivi, la nostra consociata Cinese ha elaborato dei burgher di carne felina. In particolare carne di gatto, animale decisamente carnivoro. Dicono che hanno scelto il gatto dato che in azienda avevano già i tecnici con il know-how specifico per questa tipologia di carne. Poi abbiamo diversi stati asiatici e dell’Europa dell’est dove l’allevamento e la macellazione del gatto è, se non completamente legale, almeno tollerata e comunque appena esploderà il mercato di questa carne si troveranno facilmente degli aggiustamenti legislativi locali. Veniamo alle proiezioni a 5 anni…”

“Aspetti signor Modotti,,” disse il Presidente, “prima di andare avanti con le proiezioni che mi interessano particolarmente, data che si è fatta una certa ora propongo di sospendere il consiglio e di aggiornarci dopopranzo. Poi riprenderemo con più calma perchè secondo me questo progetto va analizzato bene e sostenuto. A questo proposito invito quindi tutti i consiglieri che si fermeranno al ristorante qua sotto ad assaggiare in anteprima un burgher “Aggressive” che abbiamo fatto portare apposta dalla Cina a supporto del progetto. Siamo d’accordo sig. Modotti?”

“Certo, questo e altro per i nostri azionisti!”

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...